a cura della dott.ssa Annunziata Dattola, dott. Antonio Giovanni Richetta, dott. Giovanni Pellacani
La psoriasi è una patologia infiammatoria cronica che colpisce circa il 2-4% della popolazione occidentale, caratterizzata da squame di colore bianco-argento che possono interessare tutto l’ambito cutaneo fino allo scalpo anche se zone come gomiti e ginocchia rappresentano le sedi tipiche. Possiamo distinguere la psoriasi in cinque forme o fenotipi: psoriasi a placche o psoriasi volgare, psoriasi inversa, psoriasi pustolosa, psoriasi guttata, psoriasi artropatica ed eritrodermica, quest’ultima rappresenta una forma molto grave. La psoriasi pustolosa, che spesso si associa alla psoriasi a placche, è un’entità rara caratterizzata da pustole sterili che possono distribuirsi nell’ambito cutaneo in maniera localizzata o generalizzata. La psoriasi pustolosa comprende diverse forme cliniche: la psoriasi pustolosa generalizzata (GPP), la psoriasi pustolosa palmoplantare (PPP) e l’acrodermatite continua di Hallopeau (ACH). La psoriasi pustolosa generalizzata detta anche GPP è stata descritta per la prima volta da Leopold von Zumbusch nel 1910. Secondo i criteri dell’European Rare and Severe Psoriasis Expert Network (ERASPEN), la GPP è definita come la presenza di pustole sterili macroscopicamente visibili che si localizzano sulla cute non acrale, e non all’interno delle placche di psoriasi, caratterizzata da almeno una riacutizzazione o che persiste per più di 3 mesi. Pertanto, le pustole sterili rappresentano l’elemento clinico tipico caratterizzante la patologia e sono considerate lesioni primarie. Le pustole possono confluire fra loro formando laghi di pus e spesso vanno incontro alla formazione di placche o estese crostebrunastre. Queste croste, possono essere considerate prove di pustole nei casi in cui non vengono rilevate pustole in fase attiva. I pazienti affetti da GPP possono presentare diversi sintomi sistemici quali: aumento della velocità di eritrosedimentazione (VES), aumento dei livelli sierici di proteina C-reattiva (CRP), sintomi come febbre superiore a 38 °C e leucocitosi. La patologia ha una maggiore incidenza nel sesso femminile ed una età media di insorgenza intorno ai 50 anni. La diagnosi di GPP è essenzialmente clinica ma a volte nei casi dubbi la biopsia potrebbe essere uno strumento valido soprattutto per differenziare la patologia da altre condizioni (ad esempio, rispetto a forme di pustolosi esantematica acuta generalizzata come la malattia di AGEP). Caratteristicamente la GPP si manifesta con delle fasi di acutizzazione definite “flares” la cui durata, frequenza e gravità sono variabili da paziente a paziente. Queste riacutizzazioni possono essere accompagnate da sintomi sistemici, come febbre alta, malessere generale e affaticamento. Clinicamente i segni e i sintomi cutanei più frequentemente riportati oltre le pustole sono: desquamazione, secchezza, gonfiore, eritema, dolore cutaneo, prurito e sensazione di bruciore. Possono essere presenti inoltre manifestazioni extracutanee, tra cui artrite, uveite e colangite neutrofila. Tra le anomalie di laboratorio nelle fasi di “flaire” si possono riscontare oltre la neutrofilia, livelli elevati di PCR, test di funzionalità epatica anormali, ipocalcemia ed ipoalbuminemia. Il quadro clinico per le forme severe può essere complicato da sepsi, insufficienza renale, epatica, respiratoria e cardiaca, e i tassi di mortalità riportati variano dal 2 al 16%. Le riacutizzazioni possono comparire senza una causa evidente o possono essere provocate da determinati fattori scatenanti o precipitanti come ad esempio la rapida sospensione dei corticosteroidi sistemici, le infezioni, la gravidanza, i farmaci e lo stress. In generale, la diagnosi di GPP è principalmente clinica. Gli esami di laboratorio sono però utili per per valutare il livello di sistemicità della condizione in atto. La diagnosi differenziale oltre che con la malattia di AGEP si pone con quadri simili come la malattia di Sneddon-Wilkinson o la dermatosi pustolosa subcorneale, una rara dermatosi neutrofila in cui compaiono pustole sterili ricorrenti negli strati più superficiali (sotto corneali) della pelle. La malattia di Sneddon-Wilkinson è stata segnalata più comunemente nelle donne adulte o anziane e la sua eziologia è sconosciuta. Si presenta con numerose pustole flaccide, di diversi millimetri di diametro, su cute normale o lievemente eritematosa. Le pustole sono generalmente distribuite in modo anulare o serpiginoso e sono più comunemente localizzate sulle superfici flessionali e sulle zone intertriginose. Gli attuali dati istologici, genetici e fisiopatologici dimostrano che la GPP è un’entità distinta dalla psoriasi volgare, infatti a differenza della psoriasi a placche, in cui l’asse dell’interleuchina (IL)-23/IL-17 svolge un ruolo patogenetico centrale, la GPP sembra essere guidata da una risposta infiammatoria che coinvolge l’asse IL-36.La famiglia delle citochine dell’interleuchina (IL)-1 è composta da 11 membri, cui fanno parte anche le citochine pro-infiammatorie IL-36a, IL-36b e IL-36c. Come per IL-1, le citochine IL-36 possono agire come iniziatori e amplificatori del processo infiammatorio e quindi essere responsabili della cascata infiammatoria che porta alla patologia. Sono note inoltre mutazioni dei geni IL- 36RN, CARD14, SERPINA3, SERPINA1 eMPO associate alla GPP. Tra questi geni, le mutazioni IL36RN sono quelle più frequentemente riscontrate ma non tutti i pazienti presentano tali mutazioni. La mutazione IL 36RN è presente nel 34,7% dei pazienti GPP europei e nel 28,8% dei pazienti asiatici. Gli score utilizzati per quantificare la patologia sono il Generalized Pustular Psoriasis Physician Global Assessment (GPPGA) e il Generalized Pustular Psoriasis Area and Severity Index (GPPASI). Recentemente, è stato approvato un nuovo farmaco per il trattamento dei “flaire” di GPP. Spesolimab è un inibitore della via dell’IL-36 che nello studio Effisayil 1 si è dimostrato efficace nel trattare le riacutizzazioni di GPP con remissioni cliniche ottenute dopo solo 1 settimana dal trattamento. Nello studio Effisayil 1, nei pazienti che hanno manifestato una riacutizzazione della GPP, una singola infusione di spesolimab ha portato ad una rapida clearance delle pustole (GPPGA pustulation subscore 0) e cute chiara/quasi pulita (GPPGA total score 0 o 1) già 1 settimana dopo il trattamento.In conclusione, la GPP è una malattia rara, cronica e sistemica le cui riacutizzazioni possono essere gravi e potenzialmente pericolose infatti si stima che il 50% delle riacutizzazioni di GPP richieda il ricovero e un paziente con GPP richiederà il ricovero per una riacutizzazione almeno una volta ogni 2 anni. Pertanto è molto importante aumentare la sensibilizzazione e la consapevolezza di tale patologia per migliorare il percorso del paziente.