A cura della Presidente Valeria Corazza
La spesa sanitaria in Italia, oggi, è pari all’8,8% del PIL (9,8% Europa). Il nostro servizio sanitario ha un approccio “universale” e la maggior parte dei costi sono a carico dello Stato. Questo non significa che i servizi sanitari siano del tutto gratuiti. I cittadini italiani sostengono il 26% delle spese contro il 16% dei danesi. **Quindi il diritto alla salute per gli italiani non è solo costituzionale ma anche un diritto per chi paga.
Nel decennio 2010-2019, tra tagli e definanziamenti al SSN, sono stati sottratti circa 37 miliardi. Questa strategia politico-finanziaria documenta che per nessun Governo (purtroppo) la sanità abbia mai rappresentato una priorità
politica. Poi, l’emergenza pandemica è riuscita a porre (anche se è una eresia direi “finalmente”) “la sanità” al centro dell’agenda politica, mostrando tutti i limiti e le difficoltà, a partire dalla carenza del personale sanitario-medico,
ma soprattutto infermieri, fino ad arrivare alla debolezza dell’assistenza territoriale.
Sono venuti a mancare i finanziamenti ma soprattutto la governance organizzativa per difetto di competenze e, di conseguenza, di visioni a lungo raggio. Un esempio: la sottovalutazione dell’aumento impressionante delle
malattie croniche non trasmissibili (MCNT) che pone questioni importanti in relazione alla sostenibilità dei sistemi socio-sanitari, che devono far fronte ad un aumento delle richieste di servizi e prestazioni di cura pur evitando la discriminazione di questo gruppo di popolazione che è una delle prime conseguenze della scarsità delle risorse mediche.
Il perdurare dello stato di emergenza sanitaria ha nuovamente portato le Regioni a sospendere gli esami e le cure ritenute non urgenti, penalizzando i malati cronici. Ed eccoci di fronte al fenomeno “liste di attesa” la cui soluzione deve essere ancora trovata, ma promessa da più parti durante la campagna per le elezioni politiche.
Curare da subito significa sia garantire una migliore Qol che risparmi sui costi a lungo termine. Il nostro servizio nazionale nella realtà è costituito da 21 sistemi regionali del tutto slegati tra loro, che creano evidenti differenze sul
piano territoriale a causa delle diverse condizioni socio-economiche e dei diversi modelli di gestione dei sistemi sanitari regionali.
Come presidente di un’ associazione pazienti devo sottolineare che “l’abbandono” durante il Covid ha causato tra i pazienti una crisi sociale peggiore della stessa pandemia. Le associazioni devono avere maggiore partecipazione civica nelle scelte di policy sanitaria ed essere gli interlocutori di enti istituzionali, ministeri, regioni, Aifa e, quindi, sedersi ai tavoli delle Cabina di Regia consapevoli dell’apporto che esse possono dare sulla conoscenza dei bisogni reali (ancora insoddisfatti) dei malati tra cui l’implementazione dei Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali.
** Rapporto 2019 dell’ OECD (Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo)
Articolo dello stesso autore gentilmente concesso da Walter
Gatti, Direttore Responsabile Italian Health Policy Brief