Una cosa è ormai certa: gli italiani hanno toccato con mano le potenzialità della medicina a distanza e sembra siano disposti ad accordare maggiore fiducia alle nuove modalità che permettono di essere curati attraverso gli strumenti dell’innovazione tecnologica.
Pare proprio che il vecchio adagio «la necessità aguzza l’ingegno»pilastro ad esempio dello straordinario primato di Israele nel settore dell’eHealth per stessa ammissione di un esperto come Eyal Zimlichman , vicedirettore generale e Cio (direttore informatico) dello Sheba Medical Center a Tel Aviv cominci a funzionare anche da noi.
L’anteprima dell’ultima ricerca prodotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, in collaborazione con Doxapharma, va esattamente in questa direzione. La ricerca completa «Connected care ed emergenza sanitaria: cosa abbiamo imparato e cosa fare adesso?» sarà presentata l’8 giugno prossimo in occasione del convegno promosso dalla School of Management del Politecnico (dalle 14.30 alle 17, soltanto in streaming previa iscrizione gratuita su www.osservatori.net).
«I cittadini italiani, così come i medici, hanno compreso in questa
fase di emergenza quanto alcune attività possano essere effettuate da remoto», spiegano Chiara Sgarbossa e Emanuele Lettieri, rispettivamente direttore e responsabile scientifico dell’Osservatorio del Politecnico.
«Ora bisogna gestire la Fase 2 e poi il rientro alla normalità pensando a servizi alternativi che siano riconosciuti e rimborsati anche dal Servizio sanitario nazionale». aggiungono.
Dai dati del sondaggio, che ha coinvolto mille persone rappresentative dell’intera popolazione italiana, emerge come mediamente 1 italiano su 5 vorrebbe in futuro servirsi di questi nuovi canali di comunicazione con il medico.
Le percentuali variano in funzione dell’età: per gli under 25 aumenta l’utilizzo di email e WhatsApp rispetto alla media. Per quelli della fascia 35-44 anni, di Skype o di piattaforme di comunicazione; nelle fasce 45-54 e 55-64 anni vanno più di moda i «cari, vecchi Sms, mentre per gli over 65 si riducono tutte le percentuali di interesse futuro.
Lo stesso vale per gli strumenti di telemedicina: circa 1 cittadino su
3 ha dichiarato che in prospettiva vorrebbe servirsene, con sfumature diverse a seconda della fasce d’età. Gli anni contano anche per quanto riguarda i motivi di chi invece non è interessato: il 59% preferisce il contatto fisico (72% nella fascia 45-54) e in secondo luogo mancano le competenze, soprattutto tra gli over 65 (dove la percentuale cresce dal 19% al 40%).
E adesso? «Nel momento in cui si potrà tornare fisicamente dal medico, dovrà essere offerta ai pazienti anche la possibilità di essere visitati da casa e questo consentirà loro di risparmiare tempo e denaro. Intendiamoci, la tele-visita non è la panacea per qualsiasi tipo di prestazione e nemmeno per tutte le tipologie di pazienti.
«Ma ora siamo più consapevoli del ruolo rilevante che può giocare
nel garantire la continuità di cura al paziente, soprattutto cronico. È
un’occasione unica. Non avrebbe senso tornare indietro e dimenticare ciò che abbiamo imparato», concludono Sgarbossa e Lettieri.